Le suggestioni che danno anima a questa mostra di Claudio Signanini e si traducono in segno, pittura e accostamento di materiali, conducono in due direzioni, il Giappone, lontano, misterioso, esotico e l’arte che caratterizza i decenni centrali del settecento, un rococò che si diffonde nell‘Europa delle corti e ha in Tiepolo un protagonista assoluto. Un accostamento per nulla azzardato, semplicemente sentito, che Claudio fa suo con interpretazioni singolari, sviluppo di visioni che collegano Oriente e Occidente, nel segno di un gusto che cerca equilbri e approdi. “In Giappone la bellezza è iniziatica, la si merita, è il premio di una lunga e talvolta penosa ricerca, è finale intuizione, possesso geloso.” Fosco Maraini I riferimenti esotici alla cultura giapponese, scanditi, filtrati sono ben presenti in questi recenti lavori di Claudio e si fanno terreno fertile, humus della sua pittura, meglio dire del suo comporre e disporre. Un viaggio in Giappone e il contatto diretto con quei luoghi e quella cultura ha intensificato una curiosità che già lo animava prima del viaggio e che lo aveva portato ad intraprenderlo, suggestionato da un clima in cui voleva ritrovarsi. Una volta tornato il potere dell’immaginazione -il riandare a cose viste e avvertite- si è trasformato in un bagaglio cui attingere, fonte di ricerca e ispirazioni. Così ha dedicato tempo a questi ambiti indagando, lavorando segni, accostamenti, equilibri giungendo a formulare personali interpretazioni, non escludendo certe contaminazioni con altri contesti e forme. Da questa ricerca visionaria emergono lavori in cui l’autore gioca con una sorta di sottrazione rarefatta in cui è un segno calligrafico ad emergere, una scrittura ispirata agli ideogrammi nipponici che diventa singolare linguaggio inserito in sfumate cromie dove è soprattutto il rosa ad emergere, quasi preludio alla seconda fascinazione verso una tavolozza che guarda al rococò e a Tiepolo. “Tiepolo: l’ultimo soffio di felicità in Europa. E, come ogni vera felicità, piena di lati oscuri, non destinati a scomparire, anzi a prendere il sopravvento. Riconoscibile dall’aria che spira senza ostacoli e senza sforzi, come non sarebbe più avvenuto dopo quella volta.” Roberto Calasso La lettura del libro ‘Il rosa Tiepolo’di Roberto Calasso ha, come lui stesso racconta, certamente influito su approfondimenti e sguardi che Claudio ha rivolto alla cultura rocaille e alla pittura di Gianbattista Tiepolo in particolare. Un periodo complesso, denso di rimandi in cui metafore e allegorie del pieno tempo barocco vengono alleggerite, quasi stemperate da una metamorfosi che include ispirazioni naturali, spesso giocose, con punte anacronistiche in rapporto ad un mondo che sta cambiando. La scelta di Claudio si rivolge ad alcune figure prese a prestito e ‘ritagliate’ da interni di palazzi veneziani e milanesi, da ville sul Brenta, dall’arcivescovado di Udine, dalla residenza di Wurzburg, luoghi in cui Tiepolo ha lavorato che si trasformano in iconici frammenti su cui Claudio interviene con velature, colature, macchie e graffiature spesso giustapposti a materiali ed elementi estranei. Una giocosità che contiene ironia, proprio come la si ritrova nelle opere del maestro veneto, un passato rivisitato, volutamente contaminato che assume nuove e singolari espressioni. Teatro, moda, cinema, pubblicità -contesti che da sempre appartengono alla poetica di Claudio- si accostano alle figurazioni antiche e creano un linguaggio singolare, nuovo, che sottilmente ed elegantemente provoca, contrappunto di gesti, pose, sguardi. Sono soprattutto certe figure femminili a configurarsi protagoniste e a muoversi in uno spazio altro, icone di una bellezza che non ha tempo e che suggerisce inquietudini e smarrimenti. E, a ben vedere, se il settecento di Tiepolo si fa decisa presenza in questi lavori di Claudio, altre suggestioni -dal Manierismo, dal Simbolismo e non solo- si possono riconoscere, segno di uno sguardo allargato e concettualmente immaginifico dell’autore.
Alessandro Abrate
Orari: sabato e domenica 16,00/19,00